Roma, 26 maggio – Abruzzo, esterno giorno. Il sole che splende alto nel cielo e riscalda l’aria sta per diventare un ricordo che ci accompagnerà per la successiva ora che ci apprestiamo a vivere. Quella che inizierà nel momento in cui varcheremo lo spettacolare ingresso delle Grotte di Stiffe, a mezzora di automobile da L’Aquila, ancora piena di gru e impalcature e alle prese con una ricostruzione troppo lenta. E pensare che dal terribile terremoto che la sconvolse sono già passati sette anni!
Anche il paesino di Stiffe, che si trova poco al di sotto dell’ingresso alla Grotte, ha qualche gru sparsa qua e là, un po’ come tutti i paesi e le frazioni del circondario.
Ma una volta entrati l’attenzione è catturata da quello che vediamo e le brutture e le arrabbiature del mondo esterno scompaiono per lasciar posto allo stupore generato da un fiume momentaneamente sotterraneo che, con il suo scorrere fragoroso, ci accompagna per tutti i quasi 800 metri della grotta.
Qui, tra stalattiti e stalagmiti, grazie ad un percorso molto ben curato e creato dall’uomo, entriamo in contatto con un realtà che mai avremmo immaginato: due laghetti sotterranei creati da altrettante cascate, la prima alta una ventina di metri all’interno di una grotta che, in altezza, ne misura trenta; la seconda, un vero e proprio sifone che getta l’acqua del fiume nelle grotte (per questo classificate come risorgenza, visto che il fiume vi entra dall’esterno e all’esterno riesce più a valle formando un’altra cascata, stavolta, all’aria aperta), alta una quindicina di metri e posta in fondo al percorso. Là dove finisce la passeggiata sotterranea dei turisti ed inizia, quando dal sifone esce pochissima acqua, quella degli speleologi, che ci confermano quanto ancora sia lunga la grotta oltre quel punto. Almeno altri cinque chilometri.
E quando torni al mondo esterno, dopo esserti stupito ed entusiasmato, ti sembra davvero di essere stato al centro della terra.