Necropoli italiana
Pasquetta alla necropoli etrusca di Castel d’Asso, lasciata all’incuria e al ritorno del bosco.
Roma, 6 aprile – È incredibile come il Bel Paese in cui viviamo riesca a fregarsene di quella che potrebbe essere la sua principale fonte di sostentamento: il turismo, specie quello culturale.
Vanno bene le spiagge, vanno tutelate le bellezze naturali, le montagne sono un’eccellenza, ma il grado di interesse e la capacità ricettiva di una nazione si misurano anche dall’impegno che questa profonde nella conservazione e nella valorizzazione dei suoi siti architettonici e storici. Dei quali, tra l’altro, l’Italia è piena. Invece più passa il tempo, più è facile constatare come molti di questi siano lasciati all’incuria e all’abbandono, tanto che in alcuni di essi il bosco sta riprendendo il sopravvento sulle bellezze da ammirare, come sta accadendo nella necropoli etrusca di Castel d’Asso, l’antica Axia, che si trova in provincia di Viterbo, a due passi dalle famose Terme dei Papi.
Là ci siamo diretti per passare una Pasquetta all’aria aperta, fatta non solo di mangiate e giochi con la palla per far contenti i bambini, ma anche di un po’ di cultura italica e territoriale per consentire a questi ultimi di saperne di più della storia del luogo, splendido, in cui il buon Dio ha deciso di farli nascere. Ma trovare Castel d’Asso è stato subito complicato, nonostante il satellitare della macchina. Al momento del bivio decisivo, infatti, l’indicazione in giallo che lo indica è in parte cancellata dal tempo e dalla mancata manutenzione di chi dovrebbe, invece, tenerla sempre ben visibile. Dopo un giro inutile, però, troviamo la strada giusta e arriviamo al parcheggio, ovviamente incustodito e fornito solo di un cartello (risalente al 1994!) con indicazioni storiche scritte in italiano e in inglese e una bella raffigurazione di come doveva essere il sito sepolcrale ai tempi degli etruschi.
Ci inoltriamo nel sentiero che scende verso la valle della Vaccareccia, contornato da 69 tombe rupestri costruite da questi ultimi. Tombe normali e monumentali, che fanno di Castel d’Asso la più importante necropoli rupestre etrusca che si conosca, ma che sono chiaramente state lasciate a loro stesse. Non c’è un custode, non c’è una guida, non ci sono indicazioni specifiche, non ci sono, soprattutto, recinzioni nei punti più pericolosi, ma solo un generico cartello di attenzione all’inizio del sentiero con su scritto: “Scavi incustoditi”. Già, “incustoditi”. E’ proprio questo che dà fastidio, soprattutto se ripensiamo ad esperienze simili che abbiamo vissuto in Paesi stranieri, dove anche per ammirare il minimo (e forse insignificante) sasso storico che hanno, ti fanno pagare e te lo infiocchettano come se fosse la reliquia più importante del mondo. Noi, che potremmo fare soldi solo con tutto il ben di Dio che i popoli del passato ci hanno lasciato, lasciamo invece che il bosco si riprenda tutto, coprendo con le sue foglie le necropoli etrusche come questa o come quella della vicina Norchia, dove il ritorno della natura rende quasi impossibile avventurarsi. Anche da questo si ravvisa il degrado di una società ed è triste pensare che questa sia proprio la nostra, figlia lontana di popoli che, ai loro tempi, erano ben più civili di altri.La Pasquetta a Castel d’Asso, più che una giornata in una necropoli etrusca, è stata davvero la dimostrazione della necropoli italiana nella quale viviamo. E se mai le autorità competenti avranno la compiacenza di spiegarci perché tutte queste bellezze sono lasciate andare in questo modo, siamo sicuri che ci diranno: “Non ci sono i soldi per valorizzarle”.
A parte quelli che, ovviamente, si sono già mangiati. Senza contare che, mantenendo questi siti archeologici come si dovrebbe, si attirerebbero ben più turisti dei pochi che li vanno a vedere perché li conoscono e che, con un prezzo minimo di biglietto (1 o 2 euro a testa) forse si troverebbero i soldi necessari per conservarli e, magari, rimpinguare anche il bilancio comunale.