(foto: Franco Bovaio)
Alla scoperta di uno dei luoghi della Vecchia Europa in cui si è fatta la storia del nostro continente
Roma, 12 ottobre 2017 – A Verdun si respirano la storia e la morte. Due compagne silenziose che vengono dal passato e che rendono drammaticamente triste il paesaggio anche oggi, a cento anni dalla Prima Guerra Mondiale (che ha reso celebre questo posto del nord-est della Francia) e a poco più di 70 dalla Seconda. Nonostante il clima pesante che si respira per l’alternanza quasi senza soluzione di continuità tra sacrari militari, cippi commemorativi, trincee e cimiteri di guerra, una visita in questi luoghi merita di essere fatta. Quanto meno per capire la stupidità dell’uomo, che combatte da sempre contro i suoi simili per conquistare un pezzo di terra che, magari, non gli servirà a niente.
E qui a Verdun, cittadina della Lorena, terra di confine con la Germania, francesi e tedeschi si sono sempre combattuti. Cinquanta chilometri più a nord c’è Sedan, dove Napoleone III subì una rovinosa sconfitta nel 1870 finendo con l’essere fatto prigioniero dalle truppe tedesche.
A Verdun, nel 1916, è stata combattuta una delle battaglie principali della Prima Guerra Mondiale sul fronte occidentale. Una battaglia tra alleati e tedeschi che durò 11 mesi e che causò la morte di quasi un milione di soldati di entrambi i fronti, figli di una generazione sfortunata di uomini, nati nel tempo e nel luogo sbagliato della storia, si è fronteggiata tra stenti, patimenti e difficoltà fisiche e mentali di ogni genere, combattendo una guerra terribile e, a guardarla con gli occhi di oggi, anche senza senso. Una guerra di trincea e di miniera, come si capisce visitando uno dei posti più emblematici di queste terre, la Butte de Vauquois. Qui tutto il territorio e un intero paese sono stati distrutti dalle bombe che tedeschi e francesi si sono tirati addosso. Una violenza di fuoco inaudita che ha addirittura cambiato la conformazione della collina. Qui i nemici facevano a gara a scavare la trincea più profonda per andare sotto a quella dell’altro e provare a farla crollare o a prenderlo alle spalle. Cunicoli su cunicoli, gallerie su gallerie, con soldati pronti a vivere come topi al loro interno. Cemento e ferro erano i materiali usati dai tedeschi. Pietre e legno quelli dei francesi, che hanno resistito intorno a Verdun, protetta da forti e casematte interrate, con i cannoni rivolti verso l’unico punto da cui i tedeschi sarebbero potuti arrivare. Una resistenza strenua che portò i soldati francesi a inventare un adagio che recitava: “Se non avete visto Verdun, non avete visto la guerra”. Una resistenza che poi, nel 1918, con l’arrivo degli americani (che qui hanno lasciato 220.000 caduti e un sacrario altissimo) si è trasformata in offensiva vittoriosa.
Perché andare a vedere i luoghi in cui si è fatta la storia, non serve solo a capire come essa si è realmente svolta, ma anche e soprattutto a comprendere gli errori fatti nel passato per non ripeterli in futuro.
La Vecchia Europa, che di guerre ne ha conosciute molte fino alla Seconda Mondiale, per fortuna ha tratto insegnamento dal suo passato e le vestigia di questo che ancora conserva sul suo territorio ormai pacificato servono proprio a non dimenticarlo.
Ecco perché una gita scolastica tra le trincee di Verdun o tra quelle delle Alpi, costruite dagli austriaci e da noi italiani, sarebbe assolutamente da consigliare.
Per non dimenticare.
Per rendere omaggio a chi è caduto in quella follia nella quale era stato coinvolto. E per far capire alle nuove generazioni che dovranno fare di tutto per evitare di ripeterla nel futuro che verrà.