Roma, 7 giugno 2019 – Anna Maria Turi, giornalista e scrittrice, con articoli e libri importanti, ha scritto nei settimanali della Rizzoli e nel quotidiano “Il Tempo”.. Ha intervistato Ali Agca nel carcere di Ancona, e ha scritto un suo libro di memorie: “La mia verità”…ovviamente da legere.. Durante il pontificato di Papa Woytila, si recò nella Cecoslovacchia comunista, in via riservata, per una serie di articoli sulla cosiddetta “Chiesa del silenzio” con intervista anche ad Alexander Dubcek. I suoi articoli di quel periodo, trasmessi anche dalla Radio vaticana, secondo un Prelato vicino a Papa Woytila, “contribuirono alla liberazione della Cecoslovacchia”.
Il libro ora in trattazione: “Emanuela nelle braccia dell’islam? Sufismo e jihad della donna dai mille volti” Edizioni Segno…tratta coraggiosamente della torbida triste vicenda..“”Quando una persona scompare (da pag.5) improvvisamente senza motivo e senza che alla sparizione seguano segnali utili per rintracciarne i movimenti e individuarne la sorte, ovvero senza che si facciano, in caso di rapimento, rivendicazioni plausibili da parte di qualcuno, si apre una profonda ferita non solo nella famiglia, che accusa la perdita anomala e senza spiegazione di un suo membro, ma anche nell’intero corpo sociale.La storia che narro (pag.9) non poggia su una teoria più o meno logica elaborata a tavolino, e tantomeno su un’ ipotesi plausibile, o su un personale convincimento, ma è la semplice relazione di fatti concreti relativi al caso Orlandi dei quali, nella mia indagine, sono stata resa partecipe e testimone.
L’assunto che Emanuela Orlandi sia viva deriva dalla dichiarazione di alcune persone autorevoli, da me consultate, e dalle confidenze di un uomo di un servizio straniero di intelligence. Attorno alle dichiarazioni e alle informazioni che ho ricevuto nel corso degli ultimi quindici anni si sono sviluppate le mie ricerche a Roma, in Turchia ed infine in Marocco, con molti viaggi in quest’ultimo paese. La Procura di Roma (pag.11) nel 2015 ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta sulla sparizione di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, e di Mirella Gregori. Per i due casi erano indagate, per sequestro di persona e per omicidio, 5 persone, tutte in qualche modo legate a esponenti della Banda della Magliana. La richiesta è stata resa nota dal Procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone.
E’ lui, Sharif …(pag.18).. È la fonte prima delle informazioni. È l’uomo 100 volte più misterioso…Nei suoi continui spostamenti andrà a volte appena oltre frontiera, in Svizzera, a volte verso zone di conflitto o mete lontane, come l’Australia. Ma i suoi rapporti con.. Maurizio.., e dunque con me, continueranno attraverso i suoi uomini rimasti a Roma nel Nord Italia, con altre telefonate e anche con degli scritti. Tutta questa la storia del mio rapporto a distanza con Sharif.. una storia lunga 15 anni. Emanuela avrebbe cambiato nome. Per molto tempo è stata Fatima e si è dedicata alle opere assistenziali all’interno della confraternita religiosa della quale diventa un affiliato e una dirigente. L’assistenza sociale è un attività cardine in questo genere di comunità che pullulano nel mondo islamico. In un contesto del genere, Emanuela/Fatima, oggi, dovrebbe essere una donna con la mente rivolta a qualcosa di distante da noi con una memoria rimossa. Nelle varie ipotesi sulle due sparizioni formulate in tanti anni di buio, l’esistenza in vita di Emanuela è stata sostenuta da Ali Agca, l’attentatore di Giovanni Paolo II (pag.25), che ha sempre dichiarato che Il rapimento non fu operato per ottenere, in cambio del rilascio, la propria liberazione. Assediato dalle domande ha sempre sostenuto, anche anni dopo: “Emanuela sta bene e vive in una comunità religiosa”. Voglio iniziare riferendo che tutte le persone da me intervistate hanno asserito che il caso Orlandi è nato nell’ambito del fenomeno criminale dell’abuso sui minori, cioè dello sfruttamento sessuale di ragazze e ragazzi, adescati prima e poi costretti a partecipare a festini organizzati per personaggi altolocati, religiosi e laici. Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi, vittime in italia, col sopraggiungere di un qualche incidente, o per il verificarsi di una qualche complicazione, furono rapite, nascoste e, dopo essere passate di mano in mano, trasferite all’estero. Con Monsignor Giovanni d’Ercole (da me ben conosciuto nda), avevo lavorato (pag.33), quando era presso la Segreteria di Stato del Vaticano, alla fortunata serie televisiva diretta da Piero Vigorelli “Miracoli”. Quella frequentazione mi incoraggiò a rivolgergli delle domande sul caso Orlandi. E lì mi rispose dicendomi in confidenza: “In quel periodo mi trovavo in Africa. Ma, per quanto ne ho potuto sapere, la storia delle due ragazze è stata una vergogna per la Chiesa..”. Ebbi modo di creare un contatto, che lui riteneva utile, quello con Monsignor Simeone Duca, già Protonotario Apostolico dell’Archivio Segreto Vaticano (pag.34) un albanese con forti legami con il suo paese di adozione, la Croazia. Entrai subito in argomento e così rispose alle mie domande sulla Orlandi: “D’abitudine si organizzavano dei festini, e ciò avveniva anche nella sede di un’Ambasciata straniera presso la Santa sede. Nella faccenda era coinvolto un Gendarme vaticano. L’idea delle ragazze era quella di divertirsi e di guadagnare un po’ di soldi. Quanto all’Orlandi, dopo essere stata sfruttata, è stata fatta sparire e quindi uccisa..”. Ottengo tutte le informazioni necessarie anche dall’allora Presidente della Conferenza Episcopale turca, Monsignor Ruggero Franceschini che incontro nella sede arcivescovile di Saint Polycarpe di Izmir, qualche giorno dopo (pag.48). Di fatto, Padre Franchini, Superiore della Custodia di Turchia, oltre ad aver subito uno strano incidente riferitomi da Sharif e confermatomi a Smirne da Monsignor Franceschini, fu accoltellato poco tempo dopo, il 17 dicembre 2007, a Smirne, al termine della Messa.
Tornando alla presenza delle ragazze in Turchia…i racconti di un agguerrito avvocato collaboratore del SISMI quale era Gennaro Egidio, che conoscevo bene, e del suo staff di 007 italiani, quelli che lo affiancano in tutte le missioni del Paese… Dunque, la Segreteria di Stato attraverso Monsignor Gatti, esperto di faccende mediorientali (pag.83) era intervenuta. Quindi s’era aperto un canale ai massimi livelli…per cui.. Emanuela era data per viva e posizionata in Turchia. Nel 2003 non c’era più, era altrove, perché altrimenti la Turchia, negli anni immediatamente precedenti, l’avrebbe restituita. Le preoccupazioni di Papa Wojtyla circa l’eventualità di uno scandalo per la Chiesa legato al caso Orlandi furono grandissime. L’affermazione è stata del Gran Cappellano del Sovrano Militare Ordine di Malta Monsignor Giuseppe Azelio Manzetti che mi suggerisce di andare a parlare sia con Monsignor Hilarion Capucci che con Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità Ebraica di Roma. Mi confermava così la natura di grande intrigo che il caso Orlandi, strada facendo, aveva assunto. Monsignor Capucci, nato presso Aleppo, in Siria, ma considerato palestinese, già Vicario Patriarcale Cattolico melchita di Gerusalemme (pag.74) è noto al grande pubblico per essere stato scoperto alla frontiera israeliana mentre transitava con il portabagagli della sua Mercedes pieno di dinamite, mitra, granate e munizioni varie destinate ai terroristi di Al Fatah. Dopo avermi fatto accomodare , ascoltò la mia richiesta di informazioni sul caso Orlandi. E quindi scandì le parole della sua risposta: “Fui incaricato di effettuare interrogazioni sul caso presso tutti i governi dei paesi mediterranei. Anche il Signor Orlandi venne da me. Negli anni 1987-1988 ho parlato con 6 governi, un fallimento. Non ottenni alcun risultato. Lei pensa che Emanuela e Mirella siano ancora vive anche se le ragazze hanno rappresentato un’ arma di ricatto nelle mani di una delle due parti, via via che le trattative fallivano e che quindi l’arma nelle mani di uno dei contendenti si spuntava e per le giovani diminuivano le possibilità di sopravvivenza..”. Monsignor Capucci concluse dicendo di ritenere che le ragazze fossero ormai morte. Con la pietra tombale di quella affermazione, l’incontro poteva dirsi terminato. Lo salutai con intimo senso di frustrazione. Mi chiedevo perché allora Monsignor Manzetti mi ha detto di parlare con lui, certo non voleva farmi fare una passeggiata inutile. Manzetti sa di sicuro che questo terribile vescovo è entrato nella vicenda molto più profondamente di quanto non asserisca circa le sue consultazioni con tutti i Paesi del mediterraneo. Cosa che poi, indirettamente, rivela, come egli fosse a conoscenza che le ragazze non erano finite nei ghetti o nelle discariche della patria, ma fossero state tradotte per mare o per cielo nelle terre mediorientali.
Quando, il 27 gennaio del 2006 (pag.86), seppi che Fatima si era trovata in un tempo imprecisato in Algeria, dalle parti di Skikda e Annaba, non osai mettermi in viaggio per una ricerca che sarebbe stata disperata essendo, quelle indicate, delle città grandi e popolose. La grande città poi menzionata era Rabat. Quindi, il 10 marzo del 2011, un giovedì, chiesi un incontro a Rhama (pag.95).., che sospettavo essere stata sorvegliante, se non addirittura carceriera, di Emanuela Orlandi in uno sperduto villaggio marocchino. Piuttosto, intuivo che Rhama non sarebbe venuta, ma che avrebbe mandato qualcuno al posto suo ed ecco infatti che entra una donna bruna, snella e dal passo vivace. È sola. Una figlia, penso. Una figlia che non conoscevo. Mi viene incontro sorridendo tra il timido e impacciato e tende la mano. Sono Fatima dice in francese (nemmeno lontanamente somigliante a Emanuela Orlandi, penso..) “Mia madre non è potuta venire perché doveva andare all’ Hammam” mi dice questa Fatima gratificandomi con un sorriso, a discolpa di una bugia che tuttavia, come avrei capito in seguito, ancora non copriva altre verità.
Nelle mie visite in Marocco (pag.109) non ho mancato di sfiorare il mondo dei marabutti (questo termine indica un musulmano considerato “santo”nda) e delle confraternite religiose..
Ecco quanto il mio amico italiano mi dice ancora (pag.171): “l’Italia serve al jihad come terra di passaggio per uomini e merci, quindi per il momento il terrorismo islamico in Italia non farà niente, mentre il Vaticano è in una posizione più delicata”. Con un’aggiunta: “Quanto ai fatti di Parigi del 7 gennaio 2015 contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo [12 morti e 11 feriti, e il 9 gennaio con un complice barricatosi in uno dei supermercati della catena Kosher Hypercacher a Porte de Vincennes, 4 uccisi dallo stesso], c’erano stati mesi di trattative degli attentatori con le autorità in cui si era chiesto la chiusura del giornale. Ma il governo francese aveva detto no”. …
Proseguendo, Sharif, il 28 marzo 2014, mi comunicava, di avere incontrato la Orlandi a Roma nel mese di giugno e in quello di novembre dell’anno prima, nel 2013 (pag.178). La donna organizzava gruppi, o cercava di organizzarli, in concomitanza con la richiesta arrivata in Italia da parte di non si sa chi e trasmessa dalla Associazione Nazionale a quelle periferiche. Aggiungo che Sharif mi aveva già detto nel giugno 2015 che dal Marocco la Orlandi andava in Europa per i gruppi. Certo, ciò avveniva grazie alla sua fama di Apostolo delle Genti dotata di spirito caritatevole e quindi votata all’assistenza sociale, svolta in tutti quegli anni da un luogo all’altro del Marocco e da una Moschea all’altra..con un volto ricostruito (pag.184), Impronte digitali cancellate.
Quella che ho narrato è la vera storia di Emanuela Orlandi? Penso di sì, perché chi me l’ha consegnata ha presentato uno sviluppo consequenziale e coerente dei fatti, via via dosato per ragioni di rispettiva sicurezza, ma con dettagli confermati anche a distanza di anni””….Sin qui la sintesi…giustamente, perché il libro contenente tante altre vicende interessanti e coinvolgenti va letto dall’inizio alla fine tutto d’un fiato..
La bravissima scrittrice, conosciuta alla presentazione del suo bellissimo libro “L’agguato sul Lungotevere – Storia del Colonnello Antonio Varisco” Edizioni Segno, onorandomi di partecipare anche alla presentazione del volume in trattazione il 20 giugno prossimo a Roma, ha fatto riferimento a Monsignor Hilarion Capucci… Ora come di consueto, quando scrivo, si riaccende la memoria degli anni passati e posso sostenere che il Monsignore era ben noto a chi negli anni andati svolgeva incisiva attività antiterrorismo, come chi scrive, certamente non ritagliando giornali come taluni facevano un tempo, mentre oggi molti giocano con gli algoritmi…ma calpestando le strade anche polverose, come ha fatto la bravissima Anna Turi..per altri motivi…Quel che mi dispiace è di aver lasciato quei settori prima della sparizione delle due ragazze, perchè senz’altro avremmo ottenuto sviluppi interessanti..
Cominciamo da Giacomo Maria Ugolini, un avventuriero di fama equivoca, da me conosciuto bene a fine degli anni ’70, quando era Plenipotenziario in Italia del “PATRIARCATO GRECO MELCHITA CATTOLICO DI ANTIOCHIA E DI TUTTO L’ORIENTE, D’ALESSANDRIA E DI GERUSALEMME“, ovviamente frequentato per motivi istituzionali (diciamo, di carattere squisitamente informativo!!) e limitatamente a quel periodo. Monitorando, all’epoca, l’ Aeroporto di Fiumicino, d’intesa con la POLARIA, per controllare il flusso di quanti partivano o arrivavano dal vicino Oriente, e in particolar modo dal Libano e dalla Siria (nel Libano,ricordo, dal 1975, c’era la guerra civile, e nei campi militari dei Cristiano Maroniti, da quello che risultava, si addestravano giovani della Destra estrema italiana, colorata di eversione, come certamente aveva fatto il terrorista NAR Walter Sordi), constatammo che l’Ugolini, con doppia cittadinanza, Roma e Gerusalemme, era spesso in viaggio. Aveva un tenore di vita elevatissimo, con sontuosa villa all’EUR, con frequentazioni di primissimo piano, sia nel settore politico, istituzionale, delinquenziale, affaristico e religioso. Verificato, così, dopo qualche tempo, che il filone iniziale d’indagine non consentiva l’acquisizione di spunti di interesse, su terroristi nostrani che andavano ad addestrarsi in Libano, bensì si evidenziava quello più remunerativo da un punto di vista informativo ad ampio spettro, assicurato da un’ eventuale forma di collaborazione con il personaggio, soprattutto su questioni riguardanti le delicatissime problematiche del Medio Oriente, decisi che sarebbe stato più utile parlarci. E così feci, assecondando il mio motto: “OSARE SEMPRE!!”, che fa “pendant” all’altro: “SEMPRE AVANTI!”. Quindi, per avvicinarlo, d’intesa con il mio Capocentro, l’ottimo Vice Questore Mario Fabbri ( erano i tempi dei grandi Direttori i Prefetti Emanuele De Francesco e Vincenzo Parisi), mi avvalsi di un esperto, capace e fidatissimo, attesa la delicatezza dell’operazione, Maresciallo dei CC., già nei Servizi, quelli veri!, come SIFAR e SID, il quale, con parole appropriate, stabilì il contatto. Ciò fu per me e per l’Ufficio di appartenenza, particolarmente proficuo, sia perchè ci pose in condizione di conoscere personalmente un mondo davvero straordinario, sia per i contenuti delle informazioni nel tempo acquisite (in quattro anni) alle quali l’interlocutore sembrò molto interessato. Pensare, che avemmo la ventura di conoscere il Patriarca d’Oriente, Sua Beatitudine Massimo V, come altri illustri Alti Prelati, quali Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Abou MooK, Arcivescovo Vicario Generale Patriarcale e S.E.R. Mons. Edelbhj , Vescovo di Aleppo di Siria, ed altri ancora, durante la loro permanenza in Italia, ospiti dell’Ugolini che, come riferito, in quegli anni, era Referendario Patriarcale. Al riguardo, si pensi, come indicato dall’autrice del libro, che il citato Monsignor Hilarion Capucci (classe 1922), Arcivescovo, Vicario Generale Patriarcale Melchita di Gerusalemme,che venne arrestato il 18 settembre 1974 perchè, perquisito dal controllo israeliano alla frontiera, nel portabagagli della sua Mercedes vennero rinvenuti dinamite, mitra, granate e munizioni varie destinate ai terroristi di Al Fatah per attentati contro i civili in Israele. Certamente, quello non era il primo trasporto di armi dell’ alto Prelato che, come tutti gli esponenti religiosi, godeva in Israele di una immunità diplomatica. Arrestato, venne processato nel dicembre ’74 e condannato a 12 anni di reclusione. Tre anni dopo, il 31 ottobre 1977, Papa Paolo VI chiese con una lettera al Presidente dello Stato di Israele, Katzir, di far uso delle sue prerogative e di far liberare Mons. Capucci, date le sue condizioni di salute. Il 4 novembre 1977, il Presidente Katzir risponde al Papa accogliendo la domanda. Il 6 novembre 1977, il Presule venne liberato e giunse a Roma. Negli accordi diplomatici che si presero a Roma, Israele pose due condizioni precise che la S. Sede accettò, e cioè che mons. Capucci non tornasse più nel Medio Oriente e che si astenesse da ogni attività politica. Le due condizioni – avallate dal Vaticano – sembra non siano state nel tempo rispettate. Già nel dicembre del ’77, pochi giorni dopo la sua liberazione, monsignor Capucci apparve alla TV italiana formulando dichiarazioni politiche antiisraeliane. Altro campo in cui i Vescovi Orientali erano, all’epoca, impegnati, era quello delle intermediazioni tra Stati su problematiche rilevanti, ovviamente molto ben remunerate, quali l'”Internazionalizzazione di Gerusalemme”, il “Gasdotto” di Malta, con contatti intrattenuti direttamente con il Presidente Don Mintoff, etc.
Bene, tornando alla nostra HISTORIA, devo constatare che il “nostro” Giacomo Maria Ugolini, negli anni, è oltremodo “cresciuto” in prerogative e importanza,
Si è scoperto, ancora, che l’Ugolini era diventato addirittura il Capo della Massoneria di San Marino (noto paradiso fiscale!!) il quale, con la sua morte, avvenuta il 5 gennaio 2006, ha lasciato un gran vuoto nella piccola Repubblica del Titano, dove era ritenuto una delle personalità più importanti e influenti, proprio in virtù delle sue funzioni di “Ambasciatore Itinerante della Repubblica del Titano per il Medio Oriente”. Passato a miglior vita, ha devoluto i suoi immobili e una serie importante di opere d’arte, compreso “Il Cristo” di Michelangelo, a una Fondazione a lui vicina.., Sono dell’avviso che, seguendo quel filone d’inchiesta, si sarebbe giunti a notizie concrete sul drammatico caso in esame….
Ciò riferito un’ultima giusta domanda alla grande giornalista d’inchiesta Anna Maria Turi: “Pensa che si potrà mai conoscere la verità sul caso Orlandi…..???“..Alla presentazione del libro il 20 giugno….ovviamente, più di un curioso formulerà la domanda….Attendiamo….